Quest’anno l’AID (Associazione Italiana Dislessia) per celebrare la settimana della dislessia ha scelto come titolo: “Per un mondo senza etichette: inclusione e innovazione” con l’obiettivo di promuovere l’inclusione degli individui con DSA non soltanto in ambito scolastico, ma in tutti i contesti di vita.

COSA SONO I DSA

I disturbi specifici dell’apprendimento, DSA, sono una condizione innata, di origine neurobiologica, la cui manifestazione è influenzata dall’ambiente e dal contesto in cui un bambino si trova. I principali tipi di DSA sono: dislessia (disturbo nella lettura), disortografia (disturbo nella scrittura), disgrafia (disturbo nella grafia) e discalculia (disturbo nelle abilità di numero e di calcolo). A volte queste difficoltà si presentano singolarmente, altre volte invece coesistono oppure possono manifestarsi anche accompagnate da altri disturbi, tra cui i disturbi specifici del linguaggio e il deficit dell’attenzione/iperattività. Inoltre, i DSA possono avere un’evoluzione cioè possono variare di natura e intensità al mutare della fase del ciclo scolastico affrontato. Queste ultime riflessioni sono molto importanti da sottolineare in quanto ciascun bambino DSA è diverso da un altro e ha bisogno di un piano didattico personalizzato.

COME RICONOSCERLI: DAI CAMPANELLI DALL’ALLARME ALLA DIAGNOSI

È molto importante riconoscere al più presto un bambino con un disturbo specifico dell’apprendimento in quanto, un DSA non riconosciuto può avere risvolti psicologici molto negativi per il bambino: difficoltà scolastiche, frustrazione e senso d’inadeguatezza, sintomi depressivi e ansiosi. Solitamente, sono i genitori e gli insegnanti i primi ad accorgersi di qualche difficoltà del bambino. Una volta individuati i campanelli di allarme, i genitori possono rivolgersi a un’equipe certificata composta da neuropsichiatra, psicologo e logopedista che possa produrre una diagnosi clinica e una relativa certificazione in cui vengano delineate le linee guida per l’intervento specificando sia le misure compensative sia quelle compensative. Vengono anche indicati percorsi di abilitazione e riabilitazione, percorsi di potenziamento e percorsi per l’acquisizione di un corretto metodo di studio per rendere gli studenti con DSA autonomi. Generalmente, la diagnosi viene fatta a partire dal secondo anno di scuola primaria (seconda elementare), perché essendo disturbi che riguardano lettura, scrittura e abilità matematiche bisogna attendere che il bambino si sperimenti con questi apprendimenti.

 

INTERVENTO

Disturbi di natura neurobiologica complessi come sono i DSA possono essere gestiti con successo solo grazie alla partecipazione attiva di tutti gli attori coinvolti: studente, famiglia, scuola e specialisti. Il compito dello studente sarà quello di elaborare la sua diagnosi e lottare per costruire un senso di sé capace e competente. La famiglia avrà un importante ruolo di sostegno e di accompagnamento del proprio bambino in tutte le fasi del percorso e mostrandosi disponibile al confronto con insegnanti e specialisti. Poiché spesso i compiti a casa diventano motivo di conflitto e scontro è bene delegare agli specialisti questi momenti, che saranno in grado di riconoscere e potenziare i punti di forza del bambino. Infine, gli insegnanti hanno il compito di strutturare un Piano didattico personalizzato in collaborazione con gli specialisti che possa permettere al bambino di imparare. Gli insegnanti dovrebbero sostenere e incoraggiare il bambino mostrando attenzione e interesse per lui e favorire delle relazioni positive coi compagni.

 

INCLUSIONE

Un bambino con DSA è un bambino intelligente, non ha una disabilità e neppure una malattia. I DSA hanno natura neurobiologica e limitano solo una capacità specifica.

Per celebrare la settimana della dislessia, di seguito una poesia scritta da Aurora, una bambina di 10 anni dislessica che ci insegna a riflettere sul fatto che i disturbi specifici dell’apprendimento non sono, appunto, una malattia ma una neuro-diversità, e che il supporto e sostegno della scuola e degli amici sono fondamentali per affrontare e superare le difficoltà.

“Er mio nome è dislessia
ma non so’ una malattia
si tu vedi un regazzino
che nun legge er riassuntino
che se conta poi se sbaglia
che se parla un po’ tartaglia
non je devi ride in faccia
non je devi di’ che è scemo
lui sta a fa’ na faticaccia
tutti noi l’aiuteremo
Lui fa tanti sacrifici
e ha bisogno dell’amici
Mo’ ve svelo un gran segreto
So’ ragazzi un po’ speciali
cor cervello co’ le ali”.

(Aurora, 10 anni)

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